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Consegne a domicilio e i rider nella “fase 2”: il riconoscimento del rapporto di lavoro subordinato

  • Immagine del redattore: Avv. Daniele Cretella
    Avv. Daniele Cretella
  • 18 apr 2020
  • Tempo di lettura: 2 min

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L’inizio della c.d. “fase 2” dell’emergenza Covid 19 sembra essere, ormai, imminente ed ogni Regione si appresta a ridimensionare i limiti del “lockdown” imposto nelle ultime settimane.

In Campania, come in molte altre Regioni italiane, uno dei primi passi verso il ritorno alla “normalità” sembra essere affidato al settore della ristorazione ed in particolare a quello delle consegne a domicilio (anche noto con il termine delivery).

In passato, si è spesso discusso su quale potesse essere il corretto inquadramento, dal punto di vista giuslavoristico, del c.d. “rider”, ovvero dei fattorini che, muniti, nella maggior parte dei casi, di biciclette o motorini, provvedono alla consegna a domicilio degli ordini che, sempre più spesso, vengono effettuati con l’intermediazione di servizi online ed app per smartphone.

A tale ultimo proposito, determinante è stata la recente sentenza n° 1663/20 della Corte di Cassazione, che ha riconosciuto, nei confronti dei rider, l’applicabilità del rapporto di subordinazione di cui all’art. 2, comma 1, del D. Lgs 81/15 (e successive modificazioni), noto anche come “Jobs Act”, il quale così testualmente prevede: “A far data dal 1° gennaio 2016, si applica la disciplina del rapporto di lavoro subordinato anche ai rapporti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro prevalentemente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente. Le disposizioni di cui al presente comma si applicano anche qualora le modalità di esecuzione della prestazione siano organizzate mediante piattaforme anche digitali”.

La Corte di Cassazione, con il proprio orientamento, infatti, ha chiarito che il rapporto di lavoro dei fattorini che svolgono la propria collaborazione in maniera continuativa e personale, seguendo le disposizioni impartite dalla committenza (il che esclude, dunque, l’ipotesi di prestazioni occasionali), non rappresenta un “tertium genus” rispetto dal rapporto di lavoro autonomo e quello subordinato, bensì dev’essere inquadrato in quest’ultimo, alla luce dell’interpretazione del richiamato art. 2, comma 1, del D. Lgs 81/15 (Jobs Act).

Sul punto, il Supremo Collegio, così testualmente si è espresso: “il legislatore delegato, nel citato D.Lgs., dopo aver indicato nel lavoro subordinato a tempo indeterminato il modello di riferimento nella gestione dei rapporti di lavoro, ha affrontato il tema del lavoro "flessibile" inteso come tale in relazione alla durata della prestazione (part-time e lavoro intermittente o a chiamata), alla durata del vincolo contrattuale (lavoro a termine), alla presenza di un intermediario (lavoro in somministrazione), al contenuto anche formativo dell'obbligo contrattuale (apprendistato), nonché all'assenza di un vincolo contrattuale (lavoro accessorio)” (in tal senso, Corte di Cassazione n° 1663/20).

Ne consegue, dunque, che in capo ai rider dovranno essere riconosciute tutte le tutele normalmente riconducibili alla disciplina del rapporto di lavoro subordinato, ex art. 2094 c.c., in quanto, nel caso di specie, l’attività del prestatore di lavoro avviene, in maniera continuativa, nel rispetto delle disposizioni impartite dalla committenza, ovvero dai gestori dei servizi (anche online) cui i fattorini fanno riferimento.


Photo by Brett Jordan on Unsplash

 
 
 

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